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I nterviste—— Adriana
I: Presentati, parlami di te, (nome, età, cosa fa nella vita…)
A: Eh… Allora… Io mi chiamo Adriana, ho 23 anni, ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Perugia, indirizzo Design. Prima di questo c’è da dire che io non sono originaria di Perugia, sono nata a Pompei, e ho vissuto a Pompei per i miei primi dieci anni di vita e poi mi sono trasferita qui; quindi, in tutto sono quattordici anni che abito a Perugia stabilmente, e… non saprei che altro aggiungere… sono del segno della bilancia.
I: Parlami della città in cui sei nato cresciuto
A: Allora… se dovessi parlare di Pompei probabilmente non saprei che dirti perché è stata la mia culla per i miei primi anni d’infanzia però al di fuori di quello, proprio perché l’infanzia non… diciamo non… come si dice… non hai non hai quella grande confidenza con il posto in cui vivi per descriverlo a pieno, in tutti i suoi modi; quindi, ti posso dire che Pompei o Napoli in generale, penso sia più lei che conosce me, tra virgolette, come se fosse tipo una persona, è più lei che conosce me che io che conosco lei… però entrambe abbiamo qualcosa in comune, se non il fatto di aver vissuto e stare in quel posto lì dove si trova.
I: Che rapporto hai\cosa pensi della città di Perugia?
A: Allora… Perugia è una città difficile, nel senso per quello che ho vissuto, quando ti trovi diciamo in una certa età dove devi ricominciare una vita che in realtà non era nemmeno cominciata, per essere l’infanzia, è stato difficile. Le persone sono molto difficili, sono tutto il contrario rispetto a quelle che ho potuto conoscere giù. Sono molto introverse all’inizio e solo dopo un’attenta conoscenza riesci a capire chi sono. Quindi è un rapporto un po’ di odio e amore, non lo so, perché è la città in cui sono cresciuta ma è anche la città in cui ho litigato più spesso; perché non mi sono trovata bene in un sacco di situazioni, con un sacco di persone e…. però quelle poche ma buonissime volte in cui mi sono trovata bene me le porto per bene dentro quindi, insomma… Si, probabilmente una medaglia con due facce, letteralmente.
I: In che modo secondo te la città di Perugia potrebbe essere più inclusiva nei confronti dei suoi cittadini?
A: Secondo me… se non fosse per l’aspetto universitario, molto particolare che Perugia ha, no. Nel senso le persone che nascono e crescono qui, secondo me, per una mia visione sono abituate ad un certo tipo di stile di vita. Quindi, a livello inclusivo forse te ne rendi conto solo quando sei effettivamente un po’ più grosso per poterlo dire. Ad oggi io personalmente, non mi sento inclusiva, ma nemmeno troppo il contrario. Nel senso, un po’ una via di mezzo che però tende ad essere appunto un po’ introversa come città, molto riservata.
I: Che significato ha per te la parola “pregiudizio”.
A: Eh… boh, io vengo da una città del sud e come penso anche tu (intervistatore), un po’ si sente questa cosa qui, ma come anche magari in generale c’è sempre stato, un pregiudizio di fondo nei confronti di quelli del sud. Non escludo il viceversa, perché chiaramente anche da parte nostra diciamo… c’è una sorta di pregiudizio che credo sia una conseguenza del pregiudizio del nord nei confronti di quelli del sud. Quindi prima di tutto per me significa questo, na questione di pregiudizio territoriale in base al fatto che se vengo dal sud ho una marcia in meno, non so… sono più incapace a capire delle cose, perché veniamo considerati un po’ all’antica sotto un po’ di punti di vista.
I: Quando ti presenti con una nuova persona, quanta importanza dai alle prime impressioni?
A: Mmh… Non saprei… Il modo di porsi di una persona, il modo con cui parla, il peso che, magari, dà alle parole… Non so… Perché magari parlare ad esempio del modo con cui si veste, come porta i capelli, quello è uno stile di vita, non credo rientri o potrebbe rientrare nei pregiudizi, si, ma non è il mio caso. Non sento di appartenere a questo, quanto più ai modi di fare. Più ad un linguaggio non verbale, ad una questione di carattere.
I: Nella vita di tutti i giorni sei sempre riuscita\o a manifestare quello che realmente sentivi di essere?
A: No, nel senso, ci sono state delle situazioni in cui ho preferito magari accantonare, l’essere me stessa, magari far vedere parte di me che magari non era il caso di far vedere, manifestando uno spirito di adattamento alla cosa che purtroppo, per fortuna, uno deve avere. Quindi la risposta sarebbe no, ma avrei tanto voluto farlo, ahahahah.
I: Secondo te in che modo l’età di una persona pregiudica la sua competenza lavorativa?
A: Io credo che sia chiaro, perlomeno lo vedo con i miei amici, lo vedo in generale che la persona giovane che esce magari dall’università o che non la frequenta perché ha delle doti pratiche molto elevate, non viene considerata proprio perché è giovane. Ed è questo il motivo, si dice sempre ma tu sei piccolo devi ancora crescere, da sempre ci dicono questa cosa; ed è come se questa cosa si fosse ripercossa su tutti gli ambiti della vita, ed è fastidioso… perché è come minimizzare le qualità di qualcuno a livello pratico e anche teorico. Detto da una persona adulta che prima di noi è passata per l’età giovane, è una cosa spiacevole, soprattutto perché probabilmente quella persona a suo tempo ha avuto a che fare con persone più grandi di lui che gli hanno detto la stessa cosa, il fatto che si ripeta in continuazione il pregiudizio del giovane, è un problema grosso, ed è segno di un qualcosa che non potrà mai fiorire f inché sarà sempre così, finché non si darà fiducia ai giovani per un determinato lavoro, non sarà mai, ecco non so… è come se si tornasse sempre indietro, invece di andare avanti. Secondo me, gli anziani in questo caso, tra virgolette sempre, vivono un tipo di pregiudizio diverso, non so… se devi insegnare, entri da giovane nell’insegnamento, sei appena uscito dall’università ma che fai? fatti la carriera. Questo è un pregiudizio. Se sei troppo anziano che hai una grande esperienza d’insegnamento alle spalle, sei troppo anziano, vai in pensione che è ora.
I: Quali pensi che siano gli stereotipi più diffusi nell’ambiente che frequenti?
A: Mhm… Lo stereotipo del sesso, sicuramente, lo stereotipo d’età, probabilmente sì. Forse più sullo stile di vita di una persona. Mi vengono in mente questi, che credo siano i principali.
I: Quanto l’immagine del genere maschile e femminile trasmesso dai mass media ha inciso sulla costruzione e consapevolezza della tua identità?
A: Beh, sicuramente c’è un senso di vendetta, no vendetta è troppo crudo, forse un senso di rivalsa nei confronti di tutti coloro che hanno dei pregiudizi, magari nei confronti del sesso femminile sicuramente mi sento di… in qualche modo di dimostrare il contrario, non tanto per loro ma tanto per me stessa, ma non perché io avessi bisogno di sentirmi dire, allora sei donna non sei come tutte quelle che vengono pregiudicate, diciamo, in qualche modo. Non si tratta di me, si tratta più per una questione che sono un essere umano per principio e come tale, indipendentemente se sono maschio o femmina posso e se riesco a fare qualsiasi cosa.
I: Che atteggiamento ha la società nei confronti di persone che vivono con la propria unicità la propria identità di genere?
A: Io credo che dal punto di vista sociale, o per lo meno ci sarebbe sempre dovuta essere l’inclusione di tutte le persone che vivono la propria identità sociale e individuale a modo proprio. Intendo dire che la società avrebbe da sempre dovuto accogliere ogni individuo per quello che è, per lo stile che ha, ma per il semplice fatto che fa parte di un comunità. Quindi da sto punto di vista la società, si sta svegliando nel senso quasi, non lo so, quasi opprimente della cosa, non lo so… non saprei come spiegarla questa cosa, é come se forzassero la cosa. È una forzatura quasi ipocrita, perché ehm… sento una sorta di menefreghismo che però viene mascherato quasi in maniera idiota da questa voglia improvvisa di inclusione che hanno, non ci saremmo dovuti porre neanche il problema su questa cosa, secondo me, e boh… Mi sento di rispondere un po’ così, è una risposta una po’ amara.