I nterviste ——Fabiola

  I: Presentati, parlami di te, (nome, età, cosa fa nella vita…) 

F: Ciao, allora sono Fabiola ho 23 anni, abito a Perugia da quasi 5 mi sono trasferita. Sono originaria di Reggio Calabria, un paesino in provincia di Reggio Calabria. Mi sono trasferita a Perugia per frequentare l’Accademia di Belle Arti e ho finito a luglio dell’anno scorso. Mi sono laureata in Fashion design e ho deciso di rimanere a Perugia perché mi è piaciuta come città e oltre questo ho trovato anche una cerchia di persone che mi fanno star bene. E un po’ la sento anche come casa mia.

 I: Parlami della città in cui sei nato\cresciuto 

F: Allora la mia non è nemmeno una città, è un paesino, siamo 5000 abitanti, quindi ci conosciamo tutti e questo ha sia dei pro che dei contro. Dei pro, perché appunto è un ambiente, essendo un paesino è molto familiare. Conosci chiunque ti ci fermi a chiacchierare, quindi uno può potrebbe tranquillamente anche uscire da solo e trovare una compagnia successivamente. Il contro è tutto quello che poi ne comporta sostanzialmente. Tutte le dicerie, le voci, il pettegolezzo. Comunque si creano degli ambienti poco belli. 

I: Quindi da questo punto di vista la città di Perugia la sentì casa, anche perché magari Senti meno questo aspetto? 

F: Esatto sì, perché non ovviamente non conosco tutti, non forse anche non essendo cresciuta qua, non sono all’interno di determinate dinamiche o di determinati gruppi e molto probabilmente incide anche il fatto che tutte le persone che conosco sono persone fuori sede come me. Perciò non… non conosco gruppetti o dinamiche particolari, insomma, quindi Perugia mi fa star bene perché mi fa star lontana da determinate cose ma molto probabilmente, essendomi trasferita, lo farebbe anche qualsiasi altra città, non è Perugia in sé. 

I: E se dovessi descrivere il rapporto che hai con la città di Perugia? 

F: La città in sé mi piace tantissimo. Purtroppo non ho avuto modo di conoscere o di frequentare tante persone di Perugia perché, appunto, non sono molto estroverse, credo ormai con gli anni ho sviluppato la teoria che ognuno avendo il proprio gruppo non è interessato ad espanderlo, le poche volte che ho avuto modo di parlare con persone del posto non si sono mai manifestate, propense o espansive a fare amicizia. 

I: Quindi credi che non sia una città particolarmente inclusiva? 

F: No… Lo vedo anche sotto tanti punti di vista, per esempio per muovermi utilizzo gli autobus, frequento molto le stazioni, appunto. Anche sugli autobus vedo un bel po’ di discriminazione.

 I: Secondo te in che modo potrebbe migliorare questo suo aspetto e in che modo potrebbe essere più inclusiva nei confronti dei propri cittadini? 

F: Ma secondo me per quanto riguarda il razzismo, Perugia è molto indietro ancora su determinate tematiche, vedono una persona di colore in automatico, un delinquente che spaccia. Sì, su queste cose qua dovrebbe esserci meno pregiudizio sulla razza.

 I: Quindi se dovessi descrivere la parola “pregiudizio” in che modo lo faresti? 

F: Appunto con razzismo, sicuramente. Un altro pregiudizio che mi viene in mente che ho visto, cioè che ho vissuto io, purtroppo, non l’ho vissuto in quanto persona proveniente dal sud, ma l’ho vissuto in quanto donna, quindi anche durante alcuni colloqui di lavoro. La figura della donna, sicuramente in parte, ma viene valutata in base alle sue conseguenze in quanto donna. 

I: Quando ti presenti con una nuova persona, quanta importanza dai alle prime impressioni?

 F: Tanto, anche se con gli anni ho imparato che le mie prime impressioni erano sicuramente tutte sbagliate sia le prime pressioni positive che negative, quindi ne do importanza, ma fino ad una certa, penso sempre che sia più opportuno conoscere una persona prima di giudicarla. Però se è in un modo e se non ne avrò una buona idea della sua persona non lo vado ad approfondire o mi ci vado ad impuntare.

 I: Quindi è come se tu partissi da quella prima impressione e poi da lì cercassi di capire cosa ne viene nell’approfondire di più? 

F: Sì.

 I: Secondo te quali sono le caratteristiche che influenzano di più il nostro giudizio, il nostro comportamento verso gli altri? 

F: Allora, per quanto mi riguarda, io giudico tanto il modo di pensare, soprattutto per quanto riguarda, appunto, le tematiche politiche e anche femministe, se già qualcuno inizia a fare semplicemente una battuta, che poi sono battute di cattivo gusto su determinati argomenti, io non avrò più sicuramente un pensiero positivo di quella persona. Anche se poi scoprirò dei lati belli, mi rimarrà comunque la prima impressione che ho avuto. 

I: Nella vita di tutti i giorni sei sempre riuscito a manifestare quello che sentivi di essere? 

F: No, non sempre, mi sono molte volte limitata. Perché a volte poi sarebbero usciti discorsi che sarebbero andati troppo in là e quindi non avevo voglia. E poi dipende anche chi ho davanti per capire se ne valga la pena o meno… 

I: Quali credi che siamo gli stereotipi più diffusi nell’ambiente che frequenti? 

F: Ma appunto, girando per Perugia con i mezzi, ripeto sempre gli stereotipi delle persone straniere, non solo di colore ma anche ragazze con il velo. Sì, molte battute fuori luogo. 

I: E secondo te perché una caratteristica o un modo semplicemente di vestirsi di una persona fa sì che la si etichetti? 

F: Ma questo secondo me non riguarda solo Perugia, ma il mondo in generale, perché c’è una diffusione di notizie sbagliate anche nel mondo social o in televisione. Se è avvenuto uno stupro e per esempio viene fatto da un ragazzo di colore se ne parla a non finire, se viene fatto da un italiano, no. E quindi secondo me sono proprio le notizie che passano che fanno avere poi un pregiudizio. Per esempio alle persone un po’ più anziane, un po’ più grandi, che non hanno quell’interesse di informarsi, di andare a approfondire determinate tematiche si basano su quello che ricevono dall’esterno. 

I: Quindi pensi che sia un problema che parte dalla base, magari in questo caso dei media che comunicano in maniera sbagliata? 

F: Sì, della politica, sicuramente. Anche perché basti guardare ora non parlando solo di questo, ma parlando anche di posizione delle donne per quanto riguarda anche gli stipendi che hanno una sorta di etichettatura. Anche per quanto riguarda l’abbigliamento, cioè sugli uomini non vengono fatti determinati discorsi. 

I: Secondo te, ad esempio i mass media influiscono nell’accentuare il tabù su determinate tematiche? 

F: Sì, assolutamente. La chiave non sarebbe non parlarne, ma proprio parlarne a più non posso ma di tutto per quanto riguarda il credo, cioè fare proprio una sorta di cultura, però su tutte le culture, non solo su quella che si ritenga giusta, italiana, che poi non ce n’è una vera e propria. 

I: Tu nel tuo vivere quotidiano, quanto ti sforzi di comprendere i punti di vista e i sentimenti delle persone che ti circondano?

 F: Rispettare tantissimo, perché mi rendo conto che siamo fatti in modo diverso, siamo soprattutto abbiamo un dietro diverso, un modo di crescere che influisce tantissimo sul nostro essere, diverso. Cerco anche di comprenderlo per quanto a volte io non riesca a comprendere, ma perché ho vissuto sicuramente situazioni diverse dall’individuo che ho davanti e quindi a volte non comprendo i suoi atteggiamenti. Però se riesco ad avere un dialogo dove me li spiega e dove parliamo, approfondiamo, cerco un attimo di mimetizzarmi nel suo vissuto. Allora sì, a quel punto riesco a capire meglio. 

I: Tu come tendi a manifestare la tua identità e la tua unicità?

 F: Ma sicuramente quando si affrontano determinate tematiche tendo sempre a dire la mia e il mio punto di vista. Si tratta di far vedere chi sono attraverso anche le cose che faccio, come mi comporto. Non lo so, essendo molto eccentrica su alcune cose, a volte lo manifesto anche con l’abbigliamento, con cose che riguardano più la mia estetica. 

I: E ti sei mai sentita giudicata per il modo in cui ti mostri o il modo in cui ti poni?

F: Sì, tantissime volte mi è capitato ma sia a Perugia che no. Classiche battute oppure gli sguardi strani, oppure a determinate persone con cui parlo che, vabbè, sono persone che sicuramente avranno pensieri molto lontani dai miei che si espongono giudicando tanto l’abbigliamento delle persone.

 I: E secondo te in che modo la società potrebbe tutelare di più la singola persona? 

F: Sicuramente non limitandola. Faccio l’esempio dei posti di lavoro, se vedono una persona, non lo so, piena di tatuaggi o coi capelli colorati, quella persona non viene assunta, ma magari invece quella persona è veramente la migliore tra i candidati. Quindi potrebbe essere una società più inclusiva, dando più opportunità anche a chi con il proprio corpo manifesta cose un po’ più eccentriche, un po’ più creative, quindi superando quelli che possono essere dei pregiudizi fisici o uno apparire in generale.

 I: Secondo te quanto tutto questo influisce nella rete di interazioni della città di Perugia? 

F: Tanto sì, come città posso dire appunto, tante volte sugli autobus ho visto magari l’autista chiedere il biglietto a persone che erano un po’ più estroverse, oppure che erano di un’altra etnia e magari non con tutti gli altri passeggeri. Quindi questa è solo una conseguenza di un modo di pensare che fa parte della città stessa, quindi probabilmente una poca elasticità dal punto di vista mentale, tra virgolette, come se fosse tipo poco tollerante nei confronti degli altri. Poi anche il fatto che le persone, cioè metti sia questo, sia il fatto che le persone di Perugia non sono così tanto espansive, così tanto inclusive, mi hanno fatto avere quest’idea della città.

 I: Quindi come se fosse una città molto chiusa, nonostante abbia tutte le possibilità di non esserlo?

 F: Si, esatto. Per esempio anch’io sono qui da 5 anni, ma tutte le mie amicizie sono di persone che vengono fuori dalla città, non sono mai riuscita ad avere un legame o un non lo so, anche minimo, con persone del posto. 

I: E dal punto di vista lavorativo quanto ti sei trovata a tuo agio?

 F: Sinceramente dipende dalle persone con cui mi son trovata e molte persone non erano di Perugia e quindi alcune persone che venivano da fuori mi sono trovata bene mentre ho notato che le persone del posto, anche se ti vedono in difficoltà oppure con una determinata problematica, non si interessano minimamente ognuno fa il suo, ognuno sta per le sue e basta. 

 

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